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Il nazista che salvò gli ebrei

di Adriana Amorese

A breve distanza della Giornata della Memoria, lo storico Andrea Vitello presenta il suo libro Il nazista che salvò gli ebrei presso l’Opera Cardinal Ferrari di Milano. Parola chiave dell’incontro risulta essere proprio “memoria” non solo vista come ricordo storico ma come sapere vivo e vivificante, capace di porre nell’oggi le domande fondamentali: perché? come è stato possibile? quali coordinate culturali, sociali, politiche, hanno reso possibile il progressivo processo di marginalizzazione di una parte della popolazione? 

Nella storia terribile della Shoah, di fronte alla disumanizzazione imposta dal nazismo, un popolo, quello danese, non si è voltato dall’altra parte e ha fatto una scelta e, all’interno di questo, un tedesco nazista prende coscienza dell’ingiustizia delle leggi razziali e contribuisce a salvare tante vite umane.

Il libro, oltre a raccontare uno spaccato ancora poco noto della posizione della Danimarca nella Seconda Guerra Mondiale, pone la domanda di base: siamo in grado di non assuefarci all’ingiustizia? sappiamo fare scelte coraggiose a favore della nostra e dell’altrui umanità?

Sottotitolo: Storie di coraggio e solidarietà in Danimarca

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Produrre o esistere? che dilemma...

Miguel Benasayag

FUNZIONARE O ESISTERE?

Vita e Pensiero, 2019

pp. 104, € 13

Il filosofo e psicoanalista argentino autore del noto L’epoca delle passioni tristi fa di nuovo centro. Qui offre un’immagine di ciò in cui l’uomo si sta trasformando: un ente che, piuttosto che “esistere”, preferisce “funzionare”, come una macchina, la quale sa in anticipo quello che deve fare, poiché programmata. “Esistiamo per funzionare e funzioniamo se produciamo e consumiamo, se siamo inquadrabili in un’etichetta, in una laurea, in una nazionalità, nel ruolo che ricopriamo nella nostra azienda”. “Finiamo per tradire i desideri per abbandonarci alle piccole gioie disciplinari del funzionamento”. Ma non siamo macchine…

Che cosa significa “esistere”, per Benasayag? Riscoprire il senso del “tragico”, inteso come collante che tiene insieme l’umanità; avere il coraggio di gettarsi “nella situazione” capendo a priori che in essa non dobbiamo solo fungere da ingranaggio; ex-sistere, ovvero uscire fuori dal contingente, viverlo tenendo conto anche del negativo e del non prevedibile, che in un certo modo contribuiscono alla sua realizzazione, e “ritornare a quella profondità che sfugge a ogni modellizzazione”.  Illuminante quando invita a tendere “a un futuro che non sia solo un risultato, ma un cammino, a volte facile a volte difficile, come la vita vera”.

Antonio De Nigris

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Nuova edizione, arte e felicità

Arno Stern - Peter Lindbergh

FELICE COME UN BAMBINO CHE DIPINGE

Armando, 2020 (prima edizione 2006)

pp. 160, € 15
 

Nel campo del disegno infantile Arno Stern è ritenuto il primo esperto di “educazione creatrice” e lo scopritore della “formulazione”.

Che cos’è la formulazione? L’autore la definisce “manifestazione naturale ma non comunemente conosciuta che, al contrario della creazione artistica, esclude qualsiasi destinatario”. Secondo la sua tesi questa nasce nel bambino e segue un processo evolutivo in tutti gli stadi della vita. Si deduce che i simboli del mondo che il bambino dipinge secondo il suo sviluppo motorio sono elementi strutturali nati dall’inconscio: libero nel suo atto creativo, il piccolo mette in scena un universo a sua misura. E la formulazione svolge un ruolo essenziale che si manifesta su più livelli: inizialmente figure primarie, poi oggetti-immagine e tracciati, infine figure essenziali.

Arno Stern esercita, sin dal 1946, la pratica di educazione creativa all’interno di uno spazio da lui creato, il “Closlieu”. È un vasto atelier di pittura per bambini, frutto di sue lontane esperienze come educatore in un Istituto per orfani di guerra, a Parigi, poi tra remote popolazioni (nella foresta dell’Amazzonia, in Nuova Guinea, nelle savane e nel deserto) presso le quali passò alcuni periodi per approfondire gli studi. Ricorda con commozione: “Quando davo un foglio di carta ad un bambino della foresta vergine, questi lo riempiva spontaneamente con i segni e le figure caratteristiche della formulazione”. Tutte queste esperienze, non comuni, gli hanno dato la certezza che la formulazione è un codice di validità universale.

Nel suo libro, Arno Stern si rivolge, con fare agile ma approfondito, a educatori, insegnanti e anche genitori, attraverso un breve incontro e ad un immaginario colloquio con un bambino che sta felicemente dipingendo nel Closlieu: lo segue senza minimamente interferire con consigli o correzioni nel suo lavoro. Qui il piccolo ha a sua disposizione colori a tempera, matite, pennelli, e materiali indispensabili per la pittura, nonché fogli di carta e tele, da fissare, a opera conclusa, con puntine alle speciali pareti.

Il testo è anche arricchito da belle immagini fotografiche (non a colori, peccato!) di un maestro dell’obbiettivo, il fotografo tedesco Peter Lindbergh, istantanee nelle quali è evidente la felice concentrazione dei bambini che nel dipingere stanno realizzando un prezioso vocabolario della loro infanzia. Con gesto creativo, naturale, in cui vive e “scorre il flusso della formulazione”.

Roberto Bertola